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Classificare le scienze umane: il caso filosofia
Seminario Università di Padova. Dipartimento di Filosofia
Padova : 2 febbraio 2007

I Settori Scientifico-Disciplinari: una proposta per l'ordinamento delle raccolte nelle biblioteche universitarie

Giovanna Granata (Università di Cagliari)

Ringrazio innanzitutto gli organizzatori di questo seminario per la cordiale ospitalità e per l'occasione che hanno offerto a tutti noi di scambiare alcune idee su un tema così importante, a me in particolare di precisare ulteriormente, ma soprattutto di sottoporre alla comune discussione, una proposta che un paio di anni fa suggerivo come possibile ipotesi di lavoro, eventualmente da sviluppare, ma anche da contestare o addirittura da rifiutare [1].

Premetto subito che il mio contributo si pone in una prospettiva di analisi leggermente diversa rispetto agli interventi che mi hanno preceduto e che temo possa per qualcuno risultare sconcertante. Infatti, il mio approccio sarà molto "applicato" e si incentrerà su un risvolto piuttosto specifico del tema di oggi, quello cioè connesso all'impiego delle classificazioni per la collocazione e l'ordinamento del materiale librario.

Alla base di questa mia scelta c'è una precisa convinzione riguardo a quello che, a mio avviso, è un dato di fatto abbastanza inoppugnabile: che, cioè, l'approccio più diretto alle classificazioni ed il loro impatto più significativo sugli umori, sulle aspettative, sui gusti degli utenti delle biblioteche (ed anche degli stessi bibliotecari) sia tendenzialmente mediato proprio dall'impiego di tali classificazioni nei sistemi di ordinamento delle raccolte, piuttosto che dal loro uso catalografico. Credo cioè di poter affermare che i principali motivi di scontento e di critica nei confronti di tali classificazioni non dipendano (almeno non in maniera diretta) da una riflessione astratta e un po' accademica in merito alla loro eventuale inadeguatezza sul piano per esempio dell'organizzazione disciplinare (riflessione che è piuttosto la conseguenza che non la causa di tale scontento), ma siano più spesso originati dall'incontro (o meglio dallo scontro) con segnature contraddittorie e insoddisfacenti che a volte rendono l'esplorazione tra gli scaffali della biblioteca una vera e proprio tortura.

Il fatto è che l'impiego degli schemi di classificazione più diffusi per la collocazione del materiale librario mette in luce una serie di problemi e di incongruenze che non sono necessariamente intrinseci agli schemi stessi, ma che, più spesso, sono strettamente connessi proprio alla diversa situazione in cui essi vengono applicati e al diverso uso che ne viene fatto rispetto alla situazione e al contesto nei quali sono stati sviluppati: cioè l'indicizzazione per soggetto e più in generale il trattamento dell'informazione.

Se posso fare un'autocritica, in parte questa "confusione" di obiettivi e la connessa insoddisfazione sono dovute ad un poco giustificabile silenzio del mondo bibliotecario (in particolare di quello italiano) sul problema dell'ordinamento delle raccolte, nonostante la biblioteconomia in realtà sia nata con questo "assillo".

Quando in età moderna il modello istituzionale della biblioteca intesa come grande concentrazione libraria finalizzata all'uso pubblico, si è imposto con maggiore evidenza anche attraverso le prime esperienze storicamente attestate, uno dei temi che più ha attratto la riflessione degli intellettuali europei nel descrivere il fenomeno è stato proprio quello relativo all'ordine dei libri come elemento organizzativo fondamentale non solo per l'immagine ma per la funzionalità stessa delle raccolte e per la loro fruizione [2]. La stessa disciplina nella sua dimensione scientifica (superata la fase più retorica di impostazione celebrativa tipica degli esordi) è nata in sostanza su tematiche di questo genere: penso, per quanto riguarda la biblioteconomia italiana, al trattato di Leopoldo Della Santa [3] e all'altra grande pietra miliare rappresentata proprio dal trattato sulla collocazione di Giuseppe Fumagalli. Poi un silenzio di quasi un secolo fino sostanzialmente ad anni recentissimi [4].

Perché questo silenzio? Non si può certo dire che i bibliotecari abbiano smesso di occuparsi di classificazioni; certamente però la prospettiva in cui il problema è stato affrontato è fortemente influenzata dall'esito della riflessione catalografica orientata da un lato, nel suo versante più professionale, verso il tema della standardizzazione, della comunicazione, della condivisione di strumenti comuni, dall'altro nel suo versante teorico verso gli aspetti legati al trattamento dell'informazione, con un forte apporto di discipline decisamente meno "applicate" della biblioteconomia (e credo che le relazioni che mi hanno preceduto abbiano ben esemplificato tali prospettive).

Così mentre l'insoddisfazione per le soluzioni "classiche" a causa della loro capacità (o incapacità) di descrivere il sapere ha spinto l'esito della riflessione a ricerche di ampio respiro teorico e con una decisa apertura verso aspetti fortemente speculativi, è d'altra parte cresciuta la fortuna di sistemi come la Classificazione Decimale Dewey o quella della Library of Congress, magari imperfetti nelle premesse teoriche o più semplicemente invecchiati, ma per una serie di elementi noti a tutti (la semplicità, la mnemonicità, l'ospitalità etc.), in grado di imporsi come strutture forti di riferimento e come standard di fatto in un contesto ben preciso che è quello dello scambio dei dati bibliografici.

A questo tipo di prospettive, entrambe tipicamente catalografiche, è stata sacrificata la riflessione in merito alla peculiare relazione e alla complessità del rapporto tra classificazione e collocazione e tra notazione e segnatura.

È in realtà abbastanza noto a chi deve "collocare" quanto diverso sia in questo caso l'approccio agli schemi classificati e quante eccezioni si debbano fare nel loro impiego in ragione di una serie di elementi che sono tutti strettamente connessi alla dimensione concretamente fisico-spaziale in cui interagiscono reciprocamente sia la biblioteca, intesa come "vaso" librario, che la raccolta stessa e infine l'utenza; mi riferisco in particolare alla articolazione dei locali, alle caratteristiche "paratestuali" del materiale librario e alle modalità di accesso ad esso, nonché alla sua utilizzazione da parte di un pubblico con proprie abitudini e comportamenti non sempre ispirati a una astratta razionalità. In questa prospettiva vengono meno alcuni dei pilastri che sono la base stessa delle procedure di indicizzazione per soggetto e che ne determinano il successo.

Uno di questo pilastri è, per esempio, la specificità della notazione, la quale a sua volta esprime un approccio estremamente preciso al tema del documento e che può invece avere, in termini spaziali, l'effetto poco "benefico" di frammentare eccessivamente la disposizione del materiale librario rendendone più faticosa l'esplorazione. Nella slide n. 1 ho riportato l'esempio di una notazione di classe per un tema molto specifico che tradotta in segnatura pone evidenti problemi e che, senza fare nomi, garantisco essere effettivamente in uso in una biblioteca reale, non di fantasia.

D'altra parte nell'organizzazione delle raccolte può essere necessario interrompere la linearità della successione delle classi per la sistemazione di sezioni particolari che creano sequenze parallele e di fatto, in modo del tutto contrario a quanto si richiede ad un catalogo, distribuiscono l'informazione in più luoghi. Si possono per esempio avere un settore di reference, una sala professori, un'area multimediale etc. con materiale che "duplica" la struttura della sezione principale. E questo è un problema che, pur apparentemente connesso alla fisicità delle strutture architettoniche, in realtà non esclude affatto le risorse digitali; basta pensare alla distinzione che è necessario fare in questo caso tra quelle ad accesso libero e quelle utilizzabili tramite password o tramite IP nella creazione di percorsi di esplorazione che simulano il browsing dell'utente tra gli scaffali e che di fatto individuano sezioni connesse a diverse modalità di accesso per diverse tipologie di risorse.

Ancora, può essere necessaria una diversa considerazione per l'uso cui il libro è destinato o per il contesto editoriale in cui è pubblicato, piuttosto che per il suo soggetto "puro": nel primo caso allo scopo di non creare sezioni troppo povere e inutilmente vuote, quando si abbiano pubblicazioni che esulano dai settori di maggiore copertura della biblioteca, nel secondo per mantenere l'unità strutturale di collane e di altri tipi di raccolte, o in considerazione della maggiore probabilità di approccio da parte dell'utenza. Prendo per esempio [slide 2] un'edizione dell'Historia animalium di Aristotele, il cui record bibliografico nell'opac della Library of Congress è il seguente:

LC Control No.: 	71431868
Type of Material: 	Book (Print, Microform, Electronic, etc.)
Personal Name: 		Aristotle.
Uniform Title: 		Historia animalium. French & Greek
Main Title: 		Histoire des animaux [par] Aristote ... Texte e'tabli et traduit par Pierre Louis ...
Published/Created: 	Paris, les Belles lettres, 19
Related Names: 		Louis, Pierre, 1913-
Description: 		v. 20 cm.
Notes: 			Translation of Peri zoŻoŻn historias.
                        Includes bibliographical references.
Subjects: 		Zoology--Pre-Linnean works.
Series: 		Collection des universite's de France
LC Classification: 	QL41 .A7414 1969
CALL NUMBER: 		QL41 .A7414 1969
Dewey Class No.: 	591 19
Language Code: 		fregre
National Bibliography No.: F69-12275 (v. 2) 

Come si vede il soggetto è Zoologia (Opere pre-Linneo) ed è difficile dire che non sia così. Il call number (cioè la collocazione che a sua volta riflette il sistema di classificazione) è QL41.A7414 1969 dove QL indica la classe di zoologia. Il record dà anche il numero Dewey che è 591 (sempre zoologia) e garantisco che almeno una biblioteca italiana di area umanistica ha collocato l'Historia animalium con la segnatura 591 in un contesto in cui, credo, non sia esattamente immediato cercarla. Da notare poi che il volume è inserito in una gloriosa collana di autori greci e latini (Les belles lettres) di cui evidentemente una collocazione di questo genere non tiene alcun conto.

Utilizzare in questo contesto i sistemi di indicizzazione per classe più diffusi, comporta allora la necessità di trovare una serie di compromessi e di adattamenti che hanno condotto di fatto a tentativi globalmente definiti in termini di "declassificazione", espressione che di per sé indica una sorta di ribellione non ovviamente all'idea di classificazione in sé per sé, quanto all'egemonia e alla rigidità dei grandi sistemi utilizzati per l'indicizzazione i quali per loro astrattezza e generalità, nonché per la loro preponderante considerazione degli aspetti logici, anziché fisici, risultano poco rispettosi delle esigenze che nello specifico caratterizzano l'accesso da parte dell'utenza alle raccolte e dunque per continuare ad essere utilizzati, devono a loro volta essere modificati, piegati e, alla fine, in qualche modo snaturati.

Tralascio di esemplificare su questo punto che sarà forse affrontato nella riflessione di questo pomeriggio. Certamente tali adattamenti non fanno felici i bibliotecari dopo tanta "retorica" sulla standardizzazione e per di più sono spesso ridondanti e non sempre più funzionali, così come d'altra parte confondono gli utenti che, per usare la biblioteca al meglio, devono memorizzare sequenze astruse di numeri e lettere che si ripresentano nel record bibliografico mille volte ed in mille forme, con piccole modifiche e impercettibili slittamenti.

In effetti ultimamente ci si sta accorgendo del problema e mi pare che ci siano segnali di insofferenza e di ripensamento soprattutto in ambito universitario. Credo che ne sia prova questo seminario.

In questa prospettiva, mi sembra più ragionevole abbandonare gli schemi tradizionali per fare riferimento a diverse strutture classificatorie che sacrifichino eventualmente astrattezza e addirittura rigore logico, non tanto a favore di una maggiore specificità di tipo disciplinare (di classificazioni speciali in ambito disciplinare già ne esistono), ma piuttosto per una maggiore attenzione alle peculiari problematiche che caratterizzano l'interazione tra persone e libri nello spazio.

Si tratterebbe cioè di prendere come elemento di partenza, piuttosto che un quadro teorico – per quanto rigoroso e fondato – una considerazione più attenta della realtà utenziale e soprattutto dalle abitudini e dalle pratiche di accesso alle collezioni che poggiano su categorizzazioni nate da esigenze di carattere pratico, ma comunque consolidatesi nel tempo e che per questo largamente condivise, quasi "naturali".

Nel caso specifico dell'ordinamento delle raccolte nelle biblioteche universitarie, l'ipotesi che mi è sembrato di poter proporre è rappresentata dalla trama dei Settori Scientifico-Disciplinari (SSD) i quali costituiscono ormai il principale riferimento strutturale sia per la ricerca che per la didattica: definiscono, infatti, non solo le aree di appartenenza dei professori e dei ricercatori ai fini del loro inquadramento e della determinazione delle loro funzioni, ma anche la composizione degli ambiti didattici relativi ai diversi corsi di studio sia triennali che specialistici.

In questo senso i SSD rappresentano un punto di riferimento imprescindibile e particolarmente radicato: ognuno di noi è abituato a pensarsi con una sigla di settore ed è abituato a usare le stesse etichette quando deve descrivere i propri progetti di ricerca, o quando deve ritrovare i proprio insegnamenti nei piani di studio degli studenti o ancora, quando deve rendere disponibili dispense o materiali d'altro genere nei siti "open access" di cui molte università si stanno dotando (che è rispetto al nostro tema e alla mia proposta, una prospettiva molto interessante, significativa di un effettivo richiamo del sistema).

Come è noto la attuale struttura dei SSD deriva dalla riorganizzazione di una precedente articolazione su cui sono stati operati interventi di diverso tipo: in primo luogo ne è stata delineata in maniera più nettamente gerarchica la struttura, che continua a poggiare su 3 livelli, ciascuno dei quali è stato però individuato più chiaramente. Il livello più alto è rappresentato dalle Aree che raggruppano più Sottoaree omogenee; queste ultime raggruppano a loro volta più Settori omogenei. Su questa base si è quindi proceduto nell'ottica della razionalizzazione e della riduzione: i livelli più alti di raggruppamento da 17 sono passati a 14; c'è stata una ridistribuzione dei Settori all'interno delle Sottoaree e infine si è proceduto all'accorpamento di alcuni Settori che sono stati fusi insieme, in modo da avere da un lato una struttura più compatta e coerente [5], dall'altro una logica disciplinare tendenzialmente piu' chiara e stringente.

Dico "tendenzialmente", perchè non è escluso che dietro questa operazione ci siano state considerazioni anche di carattere più propriamente "politico", di mera opportunità che non riflessioni o modelli astratti: dietro questi Settori ci sono gruppi di persone e dunque anche interessi, consuetudini, perfino rapporti di forza che ognuno nel proprio ambito è magari anche in grado di ravvisare.

Chiarisco subito questo fatto perché potrebbe in apparenza rappresentare un elemento di debolezza, mentre costituisce a mio avviso se non l'elemento di forza del sistema, almeno la caratteristica che lo rende particolarmente interessante al nostro scopo: questa non è una classificazione "perfetta", è una classificazione che riflette gli attuali assetti universitari. Proprio perché "imperfetta" si tratta però di capire quanto sia compatibile con le esigenze di una classificazione bibliografica.

Soffermiamoci [slide 3] sull'Area 11 (M) che raggruppa i Settori afferenti alle Sottoaree delle Scienze storiche (STO), demoetnoantropologiche (DEA), geografiche (GGR), filosofiche (FIL), pedagogiche (M-PED) e psicologiche (PSI), con l'aggiunta – rispetto alla precedente elencazione – di un'ulteriore autonoma articolazione per i Settori afferenti ai Metodi e alle didattiche delle scienze motorie e sportive (EDF).

In particolare vediamo [slide 4] come è organizzato il campo disciplinare della Filosofia che nella precedente struttura era suddiviso in due Settori (M07 e M08), a loro volta ripartiti rispettivamente in 5 e 4 Sottosettori, mentre ora prevede una sola Sottoarea comune (FIL), complessivamente organizzata in 8 Settori. Il vecchio Sottosettore di Storia della scienza è stato, infatti, ricondotto nella Sottoarea storica, mentre è rimasto incluso tra le Scienze filosofiche il Settore relativo alla Storia della filosofia antica. In effetti a rigore i Settori relativi alle Scienze del mondo antico, tranne appunto la Storia della filosofia antica, sono tutti raggruppati nell'Area 10, non nell'Area 11.

Come è evidente, gli aggiustamenti sul piano dell'organizzazione disciplinare sono minimi e testimoniano una certa continuità e un certo radicamento della struttura, mentre la suddivisione delle Aree in Sotto-aree le ha dato un senso più marcatamente gerarchico e ne ha attenuato il carattere fortemente enumerativo, anche se quest'ultimo rimane comunque la caratteristica principale dello schema.

Uso il termine enumerativo nel significato che ha indicato Alfredo Serrai, in riferimento alle scelte in merito alla articolazione dell'impianto ed alla rappresentazione della sua organizzazione interna e non nel senso più comunemente utilizzato nella riflessione inglese per sottolineare la differenza rispetto all'approccio analitico-sintetico: è enumerativa una struttura che tende ad appiattire relazioni gerarchiche [6].

A questo proposito è infatti facile osservare come l'elencazione dei Settori in effetti non tenga conto dei rapporti di dipendenza che alcuni hanno tra loro, presentandoli sostanzialmente tutti sullo stesso piano. Per la Sottoarea di Filosoifa è abbastanza evidente come i Settori M-FIL/07 (Storia della filosofia antica) e M-FIL/08 (Storia della filosofia medievale), nonostante risultino dalla corretta applicazione di principio di divisione di tipo cronologico, siano però di fatto sullo stesso livello della classe superiore M-FIL/06 (Storia della filosofia).

Questo aspetto non introduce di per sé, necessariamente elementi di contraddittorietà, anche se certamente, portato alle estreme conseguenze, consente di gestire con una inconsueta libertà il rapporto tra la determinazione dei Settori mediante la corretta applicazione di principi di divisione gerarchica e la loro distribuzione all'interno delle Aree e Sottoaree.

Mi spiego meglio con un esempio [slide 5]: come accennavo le Scienze del mondo antico sono raggruppate nell'Area 10 e non nella 11 e tra esse sono ovviamente anche la Storia antica sia greca e romana, mentre la Storia medievale, moderna e contemporanea si trovano collocate nell'Area 11 (Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche). Se ricostruiamo la logica di sviluppo a partire da una ipotetica classe più generale "storia" (ravvisabile nella Sottoarea STO dell'area 11) è evidente che dovrebbero trovarsi insieme in quella stessa Area e che il loro raggruppamento è legato ad un criterio del tutto indipendente da quello di carattere logico-gerarchico da cui pure derivano. Se ricostruiamo un altro schema di sviluppo a partire da una classe più generale "scienze dell'antichità" (anch'essa ravvisabile nella Sottoarea ANT dell'Area 10) da cui l'accostamento delle Scienze storiche del mondo a quelle filologiche, troviamo comunque un analogo problema di distribuzione nel giustificare la presenza della Storia della filosofia antica nella sotto-area M-FIL dell'area 11.

Questa incongruenza si spiega all'interno di una scelta enumerativa "spinta all'eccesso", al punto da ignorare gli aspetti strutturali nella determinazione delle logiche di ordinamento e di raggruppamento delle discipline stesse a favore di un'esigenza del tutto diversa rispetto a quella di rappresentare i passi di divisione logica effettuati: l'esigenza cioè di ricostruire percorsi ormai consolidati nella modalità di approccio alla conoscenza per come è di fatto praticata e non astrattamente definita; è evidente infatti che, mentre nell'ambito degli studi di antichistica la vicinanza e l'affinità tra discipline storiche e filologiche è accreditata da metodologie di studio, da rapporti di collaborazione scientifica e da percorsi didattici, più forzata e meno sostanziata dalla consuetudine risulta la relazione tra storici antichi e storici moderni. Considerazioni analoghe si possono fare per il caso della Storia della filosofia antica.

Fin qui abbiamo a che fare con due caratteristiche che sono la diretta conseguenza di una scelta enumerativa anziché gerarchica, ma che sono ammissibili sul piano logico: (1) l'appiattimento sullo stesso livello di classi ottenute applicando criteri di divisione successivi e (2) la ridistribuzione delle classi entro Aree e Sotto-aree sulla base di un criterio pragmatico, anzichè logico-gerarchico, nonostante esso sia correttamente utilizzato per la determinazione dei Settori.

Di diversa gravità è un altro problema che i SSD presentano e che deve invece essere superato in quanto deriva da una reale incongruenza nella determinazione reciproca delle singole articolazioni e quindi riguarda la logica del sistema. È questo il caso che, per rimanere nella Sotto-area relativa alle Scienze storiche, si prospetta nel rapporto tra i Settori M-STO/01 (Storia medievale), M-STO/02 (Storia moderna), M-STO/04 (Storia contemporanea) da un lato, e M-STO/03 (Storia dell'Europa orientale) dall'altro, i quali derivano dalla contemporanea adozione di due principi di divisione diversi: quello cronologico nel caso dei primi tre Settori e quello geografico per il quarto, senza il rispetto di un ordine logico che garantisca la priorità dell'un criterio sull'altro. Questo comporta un limite grave che deve essere superato per l'uso ottimale della struttura come classificazione bibliografica; infatti le classi ottenute non sono reciprocamente esclusive per cui si potranno avere ambiguità nell'individuare la posizione sia logica che fisica dei documenti all'interno dello schema.

Una possibile soluzione a questo problema è quella di presupporre implicitamente come successivi (e non contemporanei) i diversi passi di divisione, precisando di conseguenza il contenuto delle sotto-classi ottenute, ovvero risolvendo sul piano semantico l'incongruenza strutturale.

Questo in sostanza significa innanzitutto arrivare ad una nuova formulazione dei SSD, modificati nei contenuti, in secondo luogo occorre pensare ad un ampliamento della lista "di base" per aggiungere, alla sequenza dei settori, i punti di snodo non previsti nello schema originario e tuttavia indispensabili per ricostruire correttamente la sequenza dei passi di divisione.

Nel caso esaminato si tratta di rivedere la logica dello schema come indicato nella slide 6, ovvero si dovrà introdurre ex novo la classe [Storia dell'Europa occidentale] ed eventualmente quella più generale ancora [Storia d'Europa] per giustificare l'adozione in successione di un criterio prima geografico e poi cronologico e precisare il contenuto del SSD Storia medievale, moderna e contemporanea come Storia [dell'Europa occidentale] medievale, moderna e contemporanea.

Il secondo espediente (quello di tipo semantico) è in realtà poco invasivo: comporta certamente un "aggiustamento" della sequenza originaria, ma la casistica è abbastanza limitata e non ha un impatto significativo a livello strutturale.

Per quanto riguarda la aggiunta di nuovi elementi, dato il carattere enumerativo della classificazione, essa di per sé non modifica in maniera rilevante l'impianto generale: nonostante la visualizzazione grafica su 3 livelli, possiamo mantenere sullo stesso piano sia i Settori che le classi di snodo eventualmente ricostruite. Certamente però l'entità degli interventi è in questo caso un po' più consistente per il fatto che altre aggiunte sono necessarie non solo per questo specifico problema, ma per tutta una serie di elementi rimasti impliciti, come abbozzati nello sviluppo dello schema e tuttavia necessari, soprattutto nel momento in cui, pur mantenendo appiattiti i rapporti gerarchici si ricostruisce un presumibile processo di suddivisione. Per essere più chiara faccio ancora l'esempio della Filosofia, dove a fronte di una specificazione per la Storia della filosofia antica e medievale manca un Settore per la moderna e per la contemporanea.

E non basta, c'è un ultimo problema: ulteriori aggiunte allo schema principale, infatti, ma più difficilmente compatibili con la struttura enumerativa di base, sono comunque indispensabili in ragione del diverso livello di specificità con cui i SSD sono definiti; mentre per alcuni la declaratoria individua un ambito disciplinare abbastanza definito e circoscritto, per i più sono indicate competenze più ampie e complesse.

In questo caso la soluzione di inserire nuove classi nello schema principale, appiattendo i rapporti di reciproca dipendenza con quelle di grado superiore, potrebbe non essere conveniente (potrebbe portare ad una eccessiva ampiezza della base strutturale e quindi al caos), mentre potrebbe essere piuttosto necessario, per ragioni di chiarezza, un incremento dei livelli di articolazione gerarchica del sistema che in alcuni casi potrà anche risultare abbastanza ramificata.

In conclusione si deve prevedere una serie di aggiunte sia in senso orizzontale che in senso verticale, il che comporta a sua volta due ulteriori problemi.

Innanzitutto il sistema deve disporre di una certa ospitalità nei due sensi, ma il problema dell'ospitalità apre ovviamente quello della notazione. A questo proposito, i SSD sono già contraddistinti da una sequenza alfanumerica composta da etichette numeriche per indicare le Aree (anche se in alcuni casi esse sono duplicate da lettere alfabetiche [7]); da sigle alfabetiche per le loro articolazioni (Sotto-aree) e da indici numerici per le articolazioni di terzo livello (i singoli Settori); ogni elemento è poi distinto dal successivo da un separatore [slide 7].

Tecnicamente questa struttura può rappresentare una notazione che globalmente può essere descritta come gerarchica ma non posizionale. Ogni sequenza, infatti indica un diverso livello di annidamento e quindi l'intera sigla è espressiva della struttura gerarchica del sistema (M-FIL/01) ma la diversa lunghezza non corrisponde ad una maggiore specificità (L-ANT/01 e L-FIL-LET/01 stanno sullo stesso piano anche se di diversa lunghezza). Tuttavia al proprio interno ogni gruppo di simboli, delimitato dal separatore, è costruito secondo la logica opposta, con funzione di puro ordinamento (o alfabetico o numerico) e con una modalità di tipo posizionale: l'Area M viene dopo la L e soprattutto dopo 9 c'è 10.

Complessivamente si tratta di un sistema abbastanza prolisso, che però ha l'indubbio vantaggio di essere molto mnemonico (in particolare grazie alle sigle delle Sottoaree) e di mantenere il riferimento alle denominazioni in uso. Ma soprattutto, per quanto riguarda nello specifico il problema da cui siamo partiti, questo sistema può garantire una buona ospitalità sia in senso verticale che in senso orizzontale.

Nel primo caso infatti, dato il modo in cui la sigla è costruita (cioè il carattere gerarchico e non posizionale), basta aggiungere un separatore e una nuova sequenza di simboli per avere un ulteriore livello senza alcun problema se non l'aumento della lunghezza della sigla. Per quanto riguarda invece la espansione in orizzontale, dato che per ciascun livello i simboli sono usati in funzione puramente ordinale, è possibile effettuare aggiunte all'inizio, all'interno ed eventualmente alla fine di ogni sequenza, semplicemente combinando i simboli della base prescelta, senza che questo indichi un aumento dei livelli di annidamento (che sono gestiti tramite i separatori): per assurdo, potremmo inserire dopo l'Area M un'altra Area MM dove la doppia indica semplicemente la successione dell'una all'altra, non la loro reciproca relazione gerarchica.

Nel caso del primo e del terzo livello (Area e Settore) la base deve certamente aumentare rispetto alla struttura originaria: per l'Area, infatti, usando il solo sistema alfabetico, potrebbe essere difficile inserire nuove aggiunte all'inizio (visto che si parte con l'Area A), mentre aggiungendo alla base di riferimento i numeri compresi tra 0 a 9, diventa possibile una buona espandibilità. Per i Settori, invece, usando i soli numeri la difficoltà si potrebbe avere per le aggiunte da effettuarsi all'interno della struttura, ma usando una combinazione di numeri e lettere dovremmo risolvere il problema: tra il settore 01 e lo 02 possiamo inserire lo 01 A e così via [slide 8].

Appurato a questo punto che il sistema garantisce una buona ospitalità, si tratterebbe di risolvere l'altro problema cui accennavo, quello di arrivare ad una espansione dello schema nelle due direzioni indicate in modo da poterlo usare effettivamente come sistema di classificazione per l'ordinamento delle raccolte. È questo, a mio avviso, lo scoglio maggiore perché c'è ancora a questo proposito molto lavoro da fare. Vale la pena di intraprenderlo?

Io penso che valga almeno la pena di pensarci su, non solo per i motivi che spero di avere illustrato in maniera convincente, ma anche per una serie di altre ragioni che aprono a mio avviso prospettive potenzialmente rilevanti. Due fra tutte: in primo luogo la possibilità di disporre di un sistema comune per tutti gli atenei italiani e di evitare non tanto l'empirismo delle soluzioni "fai da te", a volte felicemente funzionanti, quanto la loro inevitabile incomunicabilità; in secondo luogo, in una prospettiva più ampia, la possibilità di mettere in relazione diretta presenze bibliografiche e utenti: lo stesso sistema di classificazione, infatti, classifica entrambi e, se è vero che la biblioteca è il luogo dell'incontro tra libri e utenti, mentre il bibliotecario è il professionista che lavora per garantire al meglio il successo di tale incontro, questa doppia funzionalità potrebbe risultare davvero interessante.

Note

1: G. Granata, Classificazione e ordinamento delle raccolte nelle biblioteche universitarie. Una proposta "user oriented", in L'organizzazione del sapere. Studi in onore di Alfredo Serrai, a cura di Maria Teresa Biagetti. Milano, Bonnard, 2004, pp. 147-165.

2: Penso ad esempio al trattato di Naudé (Advis pour dresser une bibliothèque, 1627; trad it. Consigli per la formazione di una biblioteca, a cura di Massimo Bray, Napoli, Liguori, 1994) per fare un esempio noto a tutti, ma scorrendo la monumentale Storia della bibliografia di A. Serrai (in particolare il vol. 5: Trattatistica biblioteconomica, Roma, Bulzoni, 1994) si viene introdotti in una selva di trattatelli di carattere spesso encomiastico in cui la descrizione di singole realtà bibliotecarie è in larga misura dedicata alla dimensione fisica sia da punto di vista architettonico che da punto di vista della disposizione delle raccolte, descritte classe per classe.

3: Leopoldo Della Santa, Della costruzione e del regolamento di una pubblica universale biblioteca. Rist. anast., con un saggio di Giovanni Solimine, Manziana, Vecchiarelli, 1996; Giuseppe Fumagalli, Della collocazione dei libri nelle pubbliche biblioteche. Rist. anast., con una introduzione di Giovanni Di Domenico, Manziana, Vecchiarelli, 1999.

4: A parte il breve contributo di Diego Maltese, In tema di collocazione, nel vol. La biblioteca come linguaggio e come sistema, Milano, Bibliografica, 1985, pp. 140-144 e quello di taglio storico di Piero Innocenti, Collocazione materiale e ordinamento concettuale in biblioteche pre-moderne, «Accademie e biblioteche d'Italia», 64 (1966), pp. 21-46, ci si riferisce in particolare a Giovanni Di Domenico, L'organizzazione delle raccolte nelle biblioteche universitarie, «Culture del testo», 1 (1995), pp. 35-47 e a Paolo Traniello, Segni nello spazio: classificazione, collocazione, biblioteche delle università, «Biblioteche oggi», 6 (1989), pp. 717-730.

5: I SSD per esempio sono passati da 410 a 370.

6: A. Serrai, Per una nuova classificazione espansiva, in A. Serrai, Ricerche di biblioteconomia e di bibliografia, Firenze, La Nuova Italia e Giunta regionale toscana, 1983, p. 11-26; M. T. Biagetti, La classificazione enumerativa COBBUL, «Il Bibliotecario», 1984, n. 2, p. 33-53.

7: L'etichetta alfabetica rappresenta un elemento di continuità con la precedente organizzazione del settori, dove appunto il 1 elemento della sigla era una lettera.

 


I Settori Scientifico Disciplinari: una proposta per l'ordinamento delle raccolte nelle biblioteche universitarie / Giovanna Granata = (Classificare le scienze umane: il caso filosofia : seminario : Padova : 2 febbraio 2007) = (ISKO Italia. Documenti) – <http://www.iskoi.org/doc/filosofia3.htm> : 2007.02.14 -