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Organizzazione della conoscenza
Quando cominciai a lavorare in una biblioteca dotata di un catalogo per soggetti, rimasi presto perplesso nel notare che, mentre alcuni libri erano catalogati sotto patologia vegetale
, altri del tutto affini si trovavano invece sotto piante — malattie
. Dopotutto, non parlavano sostanzialmente della stessa cosa? Utilizzare il nome della disciplina invece che (o peggio in alternanza a) quello degli oggetti concreti da essa studiati produceva una complicazione di dubbia utilità: i lettori avrebbero dovuto sapere a priori se e quando utilizzare l'uno ovvero l'altro.
Eppure, l'organizzazione della conoscenza è perlopiù basata sulle discipline del sapere: in particolare, negli schemi di classificazione le discipline vengono impiegate come divisioni primarie, da cui dipendono tutte le altre. Le classi principali, infatti, generalmente si chiamano filosofia
, sociologia
, linguistica
, fisica
, storia
, ecc. Ciascuna di queste si articola poi in una serie di sottoclassi, che ne rappresentano i vari settori e aspetti, e così di seguito. È vero che per certi versi non fa molta differenza: cactacee
potrà essere una sottoclasse di botanica
così come lo sarebbe di piante
; ma per altri versi invece ne fa molta: metodi
e storia
sono faccette della botanica ma non delle piante, per cui il sito di un negozio di piante dovrà essere organizzato diversamente da quello di un dipartimento universitario di botanica [Gnoli, The meaning of facets in non-disciplinary classifications, in Proceedings 9th ISKO conference, Ergon 2006, p. 11-18].
Anche gli insegnamenti universitari sono organizzati in base a discipline. In Italia, le recenti riforme hanno definito uno schema di settori scientifico-disciplinari che non è altro che una classificazione, con tanto di notazione: M-STO/08
sta per "archivistica, bibliografia e biblioteconomia". È interessante notarvi alcune differenze rispetto alle classificazioni bibliografiche: ciascuno dei settori di scienze dell'antichità
e di orientalistica
comprende àmbiti che nella Classificazione decimale di Dewey sarebbero divisi fra arti, letteratura, archeologia e storia. Probabilmente le suddivisioni ministeriali, pur con qualche incoerenza, rispecchiano meglio l'effettiva organizzazione della ricerca contemporanea; Giovanna Granata propone allora di farne la base per uno schema di collocazione a scaffale alternativo a quelli tradizionali, che meglio risponda alle necessità dei ricercatori [Granata in Classificare le scienze umane: il caso filosofia, Padova 2007].
La scelta disciplinare è di solito motivata con il fatto che i modi in cui è articolato il sapere siano anche quelli più convenienti per la ricerca bibliografica: chi è interessato a una certa nozione è già abituato a considerarla in quella posizione nello schema convenzionale del sapere, e lì la cercherà. In questo modo, però, succede facilmente che lo stesso oggetto di conoscenza (cioè lo stesso fenomeno della realtà) si venga a trovare disperso in diversi punti dello schema. Le piante sono sì studiate dalla botanica, ma anche dall'agronomia e dalle scienze dell'alimentazione, nonché dalla medicina e dall'architettura del paesaggio, o come soggetto in pittura e in letteratura... Se lo schema è basato sulle discipline, come avviene per la CDD, la CDU e anche i moderni schemi a faccette, ognuno di questi modi di trattare le piante verrà classificato in un punto diverso dello schema, e i documenti corrispondenti si verranno a trovare lontani. Lo stesso Dewey affermò che questa era una delle caratteristiche principali della sua classificazione.
I sostenitori dell'ortodossia classificatoria ritengono che questo non sia un grosso problema, perché difficilmente i lettori saranno interessati a qualunque libro sulle piante, indipendentemente dal contesto disciplinare: a un agronomo interesseranno gli aspetti agronomici, non quelli paesaggistici o artistici, e quindi egli si dirigerà immediatamente alla classe di agronomia per cercare solo al suo interno. D'altronde sono relativamente pochi i libri che trattino un fenomeno sotto diversi punti di vista disciplinari, e quei pochi si classificheranno secondo regole apposite (nella Dewey, sotto la disciplina che compare per prima nello schema; nella Bliss, usando una speciale classe per i fenomeni trattati in modo interdisciplinare).
Questa impostazione, però, sembra in contrasto con la crescente attualità delle ricerche interdisciplinari. La pedagogia insiste da tempo sull'importanza che gli studenti imparino ad effettuare connessioni tra le diverse materie di studio; e anche la ricerca avanzata sempre più spesso integra per uno stesso fine competenze provenienti da diversi settori, come avviene per l'astronautica, le scienze ambientali, le biotecnologie... Dove collocare i documenti che rappresentano questi approcci? Se costringiamo catalogatori e lettori a scegliere sempre una disciplina, non li priveremo di collegamenti potenzialmente interessanti tra i campi del sapere, che anzi potrebbero suggerire loro nuove connessioni? Non finiremo per consolidare lo status quo della conoscenza, inibendo le deviazioni innovative? L'organizzazione della conoscenza deve servire soltanto a rappresentare la documentazione esistente, o anche a favorire percorsi nuovi e produttivi, offrendo dei ponti tra gerghi e tecnicismi diversi che tuttavia, magari senza rendersene conto, si occupano di fenomeni simili?
In effetti, un numero sempre maggiore di studiosi di organizzazione della conoscenza va sottolineando il problema dell'interdisciplinarità. Al congresso internazionale ISKO del 1998 a Lilla due tra le autrici più note e accreditate, Nancy Williamson e Clare Beghtol, hanno scelto di affrontarlo, mentre Ia McIlwaine lo ha ripreso nel 2000 a Toronto, osservando che dopotutto non è così nuovo. Nel 2007 l'intero congresso della sezione spagnola dell'ISKO a León si è intitolato "Interdisciplinarity and transdisciplinarity in the organization of scientific knowledge" (Dahlberg e altri hanno distinto fra interdisciplinarità: lo studio di una disciplina dal punto di vista di un'altra; transdisciplinarità: l'applicazione dei metodi di una disciplina a un'altra; multidisciplinarità: lo studio di un fenomeno in diverse discipline; pluridisciplinarità: lo studio di una proprietà in diverse discipline; e sindisciplinarità: la collaborazione tra discipline per uno stesso fine).
In realtà, un approccio non esclusivamente disciplinare era suggerito già dall'autore di uno schema di classificazione pubblicato a Londra nel 1906, James Duff Brown. Nell'introdurlo egli scriveva: «tendo a pensare che, nella classificazione dei libri, il soggetto concreto o costante dovrebbe essere preferito al punto di vista più generale o al soggetto occasionale». La Subject Classification di Brown, nonostante i suoi spunti assai moderni, è poi rimasto uno dei molti schemi sottoutilizzati, sovrastati dal potere di quelli più diffusi.
L'alternativa non disciplinare è stata però indagata con decisione negli anni Sessanta dai membri del Classification Research Group, a partire dalle penetranti osservazioni di Barbara Kyle: Douglas Foskett ha sostenuto che, facendo a meno delle discipline, è possibile classificare direttamente i fenomeni, organizzandoli in base al principio dei livelli di integrazione; e Derek Austin ha pubblicato effettivamente degli abbozzi di uno schema generale di questo tipo, che ha influenzato il successivo PRECIS. Purtroppo anche queste sperimentazioni radicalmente innovative sono state offuscate da nuovi impegni e dal prevalere di opinioni più tradizionali, e solo di recente sono state riconsiderate in un progetto di ricerca di ISKO Italia [AIDA informazioni, 23: 2005, n. 1-2, p. 57-72].
Un altro membro del CRG, Derek Langridge, ha ricordato recentemente «l'assoluta distinzione tra forme di conoscenza e fenomeni», che devono essere entrambe comprese nell'analisi del soggetto di un documento. Infatti la trattazione in un documento, o in una collezione di documenti, aggiunge al fenomeno bruto una dimensione bibliografica, anch'essa rilevante. Langridge prende ad esempio la classificazione che ha contribuito a sviluppare per collocare i libri nella graziosa Biblioteca di Avalon, specializzata in esoterismo e New Age: nello schema, fenomeni comuni quali i corpi celesti, la Terra e la salute sono affiancati rispettivamente a misteri dello spazio
, Gaia
e astrologia
, essendo il sistema funzionale alla particolare prospettiva della biblioteca [Bliss, the disciplines, and the New Age, Bliss classification bulletin, 34: 1992, p. 8-13].
Altro indagatore del rapporto fra discipline e fenomeni è il canadese Rick Szostak, che nota come una classificazione generale dei fenomeni «non sia stata neanche ancora tentata. Tra gli effetti collaterali spiacevoli di questa situazione c'è la natura arbitraria dei confini disciplinari [...]. In alcuni casi diverse discipline possono occuparsi di uno stesso fenomeno (spesso senza prestare attenzione agli sforzi fatti dalle altre discipline per comprenderlo).» La classificazione dei fenomeni «offre una potente illustrazione della natura interconnessa delle scienze umane, e quindi del pericolo costituito dalle barriere alla comunicazione interdisciplinare. Prendiamo ad esempio il crimine: una breve riflessione indica che una serie di fattori – genetici, individuali, politici, sociali, culturali, ed altri – potranno influenzarlo, per cui un'analisi completa del crimine si deve estendere su molte discipline. [...] Identificare quali connessioni i ricercatori stanno studiando può permettere ad insegnanti e ricercatori di accorgersi quando la ricerca in altre discipline si sta occupando della stessa connessione» [Classifying science, Springer 2004, p. 23, 32-33].
Szostak propone che i contenuti della conoscenza vengano analizzati secondo tre componenti: fenomeno trattato, teoria adottata e metodo utilizzato, e che siano i fenomeni a costituire l'accesso primario alla classificazione. Fenomeni, teorie e metodi potrebbero essere tradotti in una notazione analitico-sintetica, che renda possibile cercare le diverse teorie e metodi che si occupano di un dato fenomeno (il crimine in sociologia e in diritto), ma anche i diversi fenomeni trattati da una certa teoria (la prospettiva buddhista sulla mente e sulla morale), o utilizzando un certo metodo (la registrazione di suoni applicata ai canti popolari e al censimento di balene in mare aperto). Queste idee sono confluite in un manifesto promosso da alcuni partecipanti al citato congresso di León. Qualcosa del genere è suggerito anche da Maria Teresa Biagetti [Proceedings 9th ISKO conference, cit., p. 242]: «Quale potrebbe essere l'indice più appropriato per un libro che tratta de "gli orrori della guerra"? guerra
(l'oggetto), o forse, in accordo con il punto di vista dell'autore, pacifismo
(il soggetto), cioè la questione realmente trattata dall'autore? O forse, io suggerirei, entrambi?»
Come mi vuoi, disciplinata o fenomenale? = ISKO Italia. Documenti. Organizzazione della conoscenza. 4 — <http://www.iskoi.org/doc/rubrica4.htm> : 2016.04.14 -